Come ormai saprete da tempo, in quanto vi trituro i suddetti a ogni piè sospinto, io adoro tutto quello che è vecchiume e anticaglia. Rimango sovente imbambolata davanti a quei banchi del Mercante in Fiera che vendono piccoli, arrugginiti, e spesso mal in arnese, oggetti dalle varie fogge e colori, i gadget d'epoca. Possono essere gagliardetti, spille, giochini in plastica o bachelite, palline, utensili inutili e quant'altro, per grandi e piccini, conservati forse solo per la pigrizia di non buttarli via, e che a distanza di quaran'anni magari possono aver aumentato il loro valore, a seconda della loro rarità, anche di migliaia di euro.
Quando quindi mi rigiro tra le mani una matita ikea, un gadget che chiunque di noi ha almeno una volta portato a casa, mi chiedo se tra molti anni, un oggetto adesso così comune sarà collezionato e tenuto con riguardo in una vetrina accanto a altri preziosi cimeli.
QUANDO NASCE IL CONCETTO DI GADGET?
Precisamente
al 1886,
anno in cui viene inaugurata l’opera con cui la Francia decide di
onorare il centenario della Dichiarazione d’Indipendenza americana:
la Statua della Libertà.
Per l’occasione, la società francese responsabile della fusione
della scultura, la Gaget, Gauthier & Cie, realizza un modellino
in bronzo da distribuire il
giorno dell’evento, il 28 ottobre.
Non appena
il progenitore dei nostri odierni gadget comincia a circolare per le
strade riscuote un’immediata
popolarità fra i newyorkesi,
che si divertono a chiamarlo proprio con lo strano nome dei suoi
inventori, quelli della Gaget appunto. L’utilizzo del termine si
espande velocemente anche sull’altra sponda dell’oceano, favorito
dall’assonanza con un’altra parola proveniente dal dialetto
francese, gagée,
usata per identificare oggetti di piccole dimensioni.
Nella
seconda metà del secolo scorso i gadget si impongono al mondo come
una delle strategie di
marketing di maggior successo.
Nascono i collezionabili:
la Coca-Cola avvia la produzione stagionale di lattine in edizioni
limitate per celebrare
anniversari e partnership, rivestendo in maniera geniale l’epidermide
stessa del prodotto con le caratteristiche promozionali del gadget.
In Italia non parliamo poi dei gadget a sapore calcistico, ricercati dai collezionisti i Bomberini Azzurri, i gadget raffigurantei calciatori la squadra azzurra dei mondiali del '90, prodotti dalla IP.
Oggi
l’universo dei gadget
si è allargato a dismisura e il significato stesso della parola si è
esteso fino a includere qualunque tipo di accessorio, entrando di
prepotenza nel mondo hi-tech.
In particolare, negli ultimi anni sono sempre di più le piccole e
grandi società che si affidano ad aziende specializzate nel
confezionamento
e imballaggio gadget
innovativi e dotati di grande appeal, percorrendo così una delle
migliori strade per realizzare una strategia di brand
improvement collaudata e
vincente.
Mi sento di poter affermare che il gadget è quell'oggetto che soddisfa la voglia del cliente di essere coccolato con qualcosa che lo faccia sentire speciale, qualcosa di tangibile che lo faccia sentire al centro dell'attenzione da parte del brand, e insieme qualcosa che trasporta il brand nel tempo, che ne fissa l'immagine nel futuro a venire. Aziende come la PantaPack hanno intuito il potenziale dei gadget e sicuramente sanno sfruttarlo al meglio per metterlo al servizio delle esigenze del cliente, non dimenticando l'ecosostenibilità, dal packaging al prodotto finito.
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